Forme di Memoria

E se volessimo dare risalto a ciò che l’estetica ci ha insegnato essere non bello, per non dire orribile o addirittura disgustoso? 

Anni fa scoprii che, case, edifici e strutture di qualsiasi genere esercitavano un grande fascino su di me, a patto che fossero abbandonate.

Per un periodo mi dedicai costantemente a questo genere di foto, cercando di cogliere l’essenza di questi soggetti. Rovine in bilico tra presente e passato, dal forte impatto visivo. 

Edifici abbandonati, ruderi di abitazioni, aree interdette, relitti, carcasse di ex industrie in disuso.

Orrori urbani, un mondo a sé stante pieno di contrasti e fascino, agli occhi di chi sa cogliere quanto di bello c’è in questa condizione. 

Oggetto di tanta attenzione da parte di uno smisurato numero di amanti del genere, che scoprirò più tardi. 

Qui, una serie di fotografie attraverso le quali descrivo una casa abbandonata. 

Non una casa qualunque però.. ma la mia casa d’infanzia.

I Muri nell’Anima.

A distanza di tantissimi anni, tornai in quella che era stata la mia casa puerile.

Qui avevo vissuto con i miei genitori fino all’età di 15 anni, per poi trasferirmi altrove e rientrare 20 anni dopo.

Tornare è stato come riappropriarmi di un qualcosa di frammentato restato lì, qualcosa che mi apparteneva.

Nonostante la casa fosse ormai un rudere, con mio fratello facevamo quel minimo di mantenimento per impedire alle sterpaglie di avere la meglio.

Andavo spesso, passavo ore li, mi piaceva l’idea di assaporare sensazioni di un tempo lontano ma pur sempre presente.

Poi un giorno, decisi di dar voce a ciò che percepivo con profonda emozione. 

Realizzai una serie di fotografie per descrivere il fascino che ancora vedevo in lei, nonostante la precaria condizione. 

Per me era ancora bellissima. 

Un omaggio al puro declino fine a se stesso? Forse! Che onestamente trovo anche molto affascinante. 

In realtà, volevo restituire alla casa una nuova veste, non solo descriverla per quel che appariva ma soprattutto per quel che era ai miei occhi, anche se attraverso questa condizione.

Visioni, forme, volumi, superfici, ai miei occhi vive e dense di significato. Materia in degrado che nonostante tutto, da vita ad un nuovo concetto di bellezza. 

“Forme di Memoria” quindi il titolo che Nino Finauri da a questa serie di fotografie, e scrive:

La macchina fotografica di Marco Alessi è un’occhio che indaga con tono sommesso gli spazi della memoria.

Nessun artificio della tecnologia digitale, nessuno sperimentalismo estremo, ma la essenzialità sincera di una investigazione emotiva dai toni pacati, senza enfasi, alla ricerca di un dettaglio, un indizio, un frammento di bellezza nascosta.

La macchina fotografica entra nella vecchia casa paterna, nei corridoi dei ricordi infantili, ora immersi in sgocciolii, pozzanghere, ragnatele e vecchie scarpe abbandonate.

La macchina fotografica si avvicina alle superfici, ancora più vicino, per cercarne trame, forme, colori e ruggini.

Contro le tentazione della meraviglia, Marco Alessi recupera il linguaggio della semplicità, con scatti spontanei, cercando l’emozione laddove non la cerca più nessuno: nel dettaglio inanimato, ma, agli occhi del fotografo, colmo di anima.